Primi anni Venti di questo secolo nella «Città di Dio», decadente metropoli che assomiglia molto a Roma. Un uomo di circa settant’anni osserva dal settimo piano della sua palazzina le vicende dello «Stradone»; i tanti personaggi che lo percorrono incarnano tutte le forme del «Ristagno» della nostra società. Invecchiamento e conformismo, razzismo e sessismo, sopravvivenze popolari e «trentelli» rampanti, barbagli di verità, etnie in conflitto, il fantasma dell’integralismo islamico, la liquefazione di sinistre e destre e della classe media in un unico «Grande Ripieno»: nulla sfugge a questo narratore disordinato ma perspicace, che pare saper restituire meglio di chiunque – con ironia, cinismo, nostalgia, umorismo – il non senso del nostro presente. Racconta anche, l’uomo senza nome, la propria esistenza di «Novecentesco», aspirante storico dell’arte, funzionario di Ministero, uomo che ha creduto nel comunismo e poi si è fatto socialista e corrotto, con i suoi amori e, oggi, l’ossessione per la vecchiaia, la malattia, la pornografia; e ricostruisce infine – con documenti veri o quasi-veri – la storia di un quartiere i cu iabitanti, operai e proletari, per secoli e fin oltre la metà del Ventesimo, hanno prodotto qui i mattoni di cui è fatta la Città: il quartiere più comunist ae antifascista di tutti, forse visitat oda Lenin – personaggio inatteso di queste pagine – nel 1908.Il risultato è un libro certamente unico nel panorama letterario non solo italiano, in cui la passione politica, antropologica e linguistica, le vicende di una vita, di un quartiere, di un intero secolo concorrono a un’esperienza di lettura memorabile: un’illuminante – tragica ed esilarante – avventura di conoscenza.
Francesco Pecoraro riesce a tenere insieme sfere di esistenza che di solito gli scrittori non riescono a tenere insieme, o che non vedono proprio: i destini dei personaggi, la microfisica del quotidiano, la storia politica del presente, la lunga durata dell’evoluzione umana, l’immobilità della natura. La vita dei suoi protagonisti idiosincratici rimanda sempre a piani di realtà ulteriori. In ognuno di questi piani si combatte una lotta per dare forma e significato a un mondo che, di per sé, non ha né forma né significato.
Guido Mazzoni Straordinaria la capacità di F.P di restituire un tempo - il secondo 900 - e un luogo - Roma - con uno sguardo d'architetto che vede deteriorarsi ciò che ama."
Helena Janeczek Ho letto La vita in tempo di pace come il racconto della disattivazione del desiderio di una soggettività storica (durante il tempo di pace), come la messinscena dell'elaborazione del lutto che a questa disattivazione consegue, nonché come la descrizione della rabbia contro questo stesso lutto. Ivo Brandani, qualsiasi cosa accada, è solo, ed è un personaggio fondato su un mormorio assorto e potenzialmente inesauribile in cui sono compresenti analisi e tensione, rimpianto, rimorso, recriminazione. In Brandani l'amarezza è inseparabile dalla lucidità. Le pagine sulle quali periodicamente torno sono quelle in cui Pecoraro descrive gli interni borghesi di Prati, le descrizioni della luce e del "covaticcio domestico", avendo la sensazione che ci sia qualcosa di straordinario nel modo in cui Pecoraro percepisce e restituisce l'architettura interna e complessa di segni all'apparenza minimi.
Giorgio Vasta Che cosa mi aspetto dal nuovo libro di Francesco? Che riesca a coniugare bene complessità e intensità emotiva come nel precedente, ma in una forma presumo diversa, essendo passato del tempo (il giusto tempo, per lavorare a un altro libro importante) da "La vita in tempo di pace". Poiché però i bravi scrittori ti sorprendono sempre alle spalle, spero soprattutto che nel nuovo libro di Francesco ci sia ciò che io, da solo, non riuscirei mai a immaginare.
Nicola Lagioia Collana: SCRITTORI
Numero di pagine: 448
Formato: Libro - Brossura fresata con alette
ISBN: 9788833310602
Prezzo: € 18